Mi dispiace papà, partigiano Flavio

di Marica Guazzora

Mi dispiace, papà,  che le cose non siano andate come ce le aspettavamo tu ed io. Voi siete andati in montagna a combattere per liberare l’Italia dal giogo nazifascista ed eravate pieni di coraggio e di speranza e oggi sembra, per alcuni, che ci siate andati per fare qualche mese di vacanza in campeggio.

Ricordo tutti i tuoi racconti, ne scrivo qui alcuni, per non perderne la memoria nella vecchiaia….. quando avevi 90 anni  ti abbiamo registrato in un video ma tu già non ricordavi più tante cose che avevi detto a me, bisognava farlo prima.

Eri nato nel 1924, tutto è cominciato, penso, quando da ragazzino hai salvato un tuo coetaneo che stava annegando in Po, tu hai sempre nuotato benissimo nelle sue correnti pericolose. Ebbene, i fascisti volevano darti un premio per il tuo coraggio e tu non ti sei presentato a ritirarlo. Perché avevi già capito da che parte stare.

Ricordo quando a 20 anni,   sei andato a fare il militare e da lì hai deciso di andartene a cercare i partigiani in montagna, e ti sei messo in tasca due bombe  a mano, e sei scappato dalla caserma, a piedi naturalmente. E quando ti hanno trovato quelli della Brigata Garibaldi, ti sei unito a loro,  a Fenis. Poi hai saputo che eri scappato appena in tempo perché i nazisti erano andati a prendere i militari e li avevano portati via con loro. Ricordo quando i fascisti venivano a cercarti a Rivalba e portavano la mia nonna Angiulina in caserma e poi suo padre, il mio bisnonno, andava ad offrirsi al suo posto. (suo marito, nonno Angelo,  era emigrato in Argentina).

Ricordo quando in montagna  ti hanno chiesto in quale partito ti riconoscevi e tu ha risposto: il Partito Comunista Italiano.

Ricordo tutte le vostre azioni, i ponti fatti saltare, e le armi prese nelle caserme e quando è morto il tuo comandante  Louis Ducurtil,  ucciso dai fascisti in un agguato, il 23 aprile del 1944 a Breil de Chatillon,  e il dolore  che avete provato tutti anche per la moglie e la figlia che erano con voi.

Ricordo che tu non hai mai voluto  fare parte del plotone di esecuzione perché non ce la facevi ad uccidere così, a sangue freddo,  nemmeno un lurido fascista. Ricordo  che degli inglesi che avevate nascosto ti chiamavano Friz perché Flavio non riuscivano a dirlo.

Ricordo persino le pulci e le piattole che divoravano il pagliericcio sul quale dormivate e divoravano te insieme a lui,  e tutta la polenta mangiata in quei mesi che non c’era altro, per cui tu non hai mai più voluto vederla nel piatto, quando sei tornato.

Ricordo anche quando sei stato ferito ad una gamba, di striscio, “ma non era niente” mi hai detto, però il buco si vedeva ancora.

Poi sei tornato giù e comandavi una squadra a Valenza,  e  voi avete mandato la tua fidanzata, quella che poi è diventata tua moglie, cioè la mia mamma, insieme  ad un’altra staffetta, in due, in bicicletta,  a chiedere la resa ai nazisti sul ponte di Valenza.  Ho chiesto alla mamma se non avevano avuto paura e mi ha risposto: “Erano ragazzi ormai morti di fame”. Ma era anche stato inutile poiché i nazisti  avevano risposto che si sarebbero arresi solo agli americani!

Ricordo che da bambina, quando abitavamo ancora ad Asti, la zia Angiolina, (in famiglia si chiamavano tutti Angela, Angela mia nonna, Angelo mio nonno, Angela la zia sorella di mio nonno) aveva le tue armi nascoste in cantina.  La zia Angiolina era una comunista doc, mi portava lei alle sfilate del 25 aprile e del 1 Maggio e alle Feste dell’Unità, sempre con il fazzoletto rosso al collo. Ricordo persino di aver cantato Bandiera Rossa sul palco della Festa ed ero proprio piccola perché avevo appena sette anni quando ci siamo trasferiti  a Torino,  perché papà lavorava qui.

Mi dispiace, papà,  che le cose non siano andate come ce le aspettavamo tu ed io e tanti e tante come noi. Mi dispiace che ci siano oggi persone, indegne di questo nome, che rinnegano quello che avete fatto. Che non riconoscono la vostra lotta come un esempio per tutte e tutti, che non vogliono festeggiare il giorno della Liberazione nazionale. Resistenza! Ora e sempre!

Ma sai quanto io sia sempre stata fiera di te e della mamma e non smetterò mai di esserlo. Come sempre domani tirerò fuori il tuo libretto da partigiano e lo metterò in bella mostra come facevi tu, tutti gli anni, il 25 aprile e il tuo Certificato  di benemerenza partigiana della 108esima Brigata Garibaldi che racconta così:

Il 2 febbraio del 1944 Flavio si è recato volontariamente in montagna facendosi incorporare nella Banda di Fenis (Valle d’Aosta) denominata Lexert al comando di Louis. Durante la sua permanenza di tale formazione ha preso parte all’attacco della Caserma della G.R. di S. Marcel il 15 giugno del 1944. Il 18 luglio ha partecipato al sabotaggio della strada provinciale della Mongiovetta con pieno successo. Inoltre ha preso parte come capo squadra di altri sabotaggi positivi, assalti a treni militari, a colonne motorizzate, incursioni armate ad Aosta, Fenis, Nus, Ciambese, S. Marcel ecc. A Fenis ha subito vari rastrellamenti da parte di colonne nazifasciste e durante tali azioni ha riportato una ferita allo stinco della gamba sinistra con raffica di mitra. Il 10 novembre del 1944 tornava a casa con falsi documenti e si inquadrava nel S.A.P di Valmacca. Il 20 aprile del 1945 passava alla 43esima Brigata Patria e il 12 maggio alla 1 Brigata S.A.P dei Tre di Valenza. Il 7 giugno entrava a far parte della Polizia Partigiana rimanendovi fino al 10 luglio. In tali formazioni ha partecipato alle azioni di disarmo nazifasciste a Occimiano, Mirabello, San Salvatore, Ticineto, Valenza e Alessandria. 

Il 17 novembre del 2015 l’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea in Valle d’Aosta mi ha comunicato di aver costituito un Piccolo Fondo a nome Flavio Guazzora conservando nei suoi archivi copia di tutta la documentazione che lo riguarda.

 

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