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Traduzione di Marica Guazzora
In un’intervista alla radio francese France Inter, il fotografo brasiliano Sebastião Salgado, che è fuggito dalla dittatura nel 1960 in Brasile, e vive in Francia, ha parlato della vittoria di Jair Bolsonaro e dei fattori che hanno portato l’estrema destra al potere nel paese.
Per il pluripremiato fotografo brasiliano, intervistato dalla presentatrice Lea Salamé, “il Brasile è impazzito, ma stava già mostrando segni di follia. Quando Dilma Rousseff, eletta democraticamente, fu destituita, praticamente in un colpo di stato, e fu messo in atto un governo totalmente corrotto, iniziammo a perdere il controllo del paese”, ha detto. “Abbiamo messo in prigione chi poteva essere eletto direttamente al primo turno, per corruzione senza prove”, ha detto, riferendosi al presidente Lula. Per Salgado, Lula è diventato “praticamente prigioniero politico”.
Il fotografo sottolinea che c’è stata “molta corruzione del PT e che, per governare, il partito ha comperato molto sostegno politico”. Questo, a suo avviso, “si è rivoltato contro le forze democratiche”.
Ha anche ricordato l’alta percentuale di rifiuto per Bolsonaro e come, nel giro di pochi mesi, sia diventato il favorito delle elezioni presidenziali del Brasile, vincendo con circa il 55 % dei voti.
“Ma c’erano anche molte persone che non hanno votato”, ha detto Salgado, riferendosi all’alto tasso di astensionismo (21%) e ai voti nulli (2%) e ai bianchi (7%), rilevando che in totale oltre 87 milioni dei brasiliani non hanno votato per Bolsonaro.
Ha anche commentato la nomina di alcuni membri del governo, tra cui il giudice federale Sergio Moro, che ha condotto le indagini sull’Operazione Lavo Jato che ha portato all’arresto di Lula, e di ex militari.
Secondo Salgado, le forze armate erano neutrali nel processo elettorale. I generali che partecipano all’amministrazione di Bolsonaro, egli dice, sono “vecchi generali in pensione, molti si identificano ancora con il colpo di stato del 1964, ma non sono le forze armate, sono ex militari”, sottolinea.
Alla domanda sul ruolo dei militari oggi nella protezione del paese e contro le decisioni arbitrarie di Bolsonaro, il fotografo ha risposto che le forze armate di oggi non sono le stesse di allora.
“Sono moderne, come quelle francesi che partecipano a missioni tecniche e internazionali con le Nazioni Unite. È diverso. Non sono le Forze Armate golpiste di una Repubblica delle banane. È cambiato tutto.”
“Non c’è ritorno alla dittatura”
Salgado non vede l’elezione di Bolsonaro come un ritorno alla dittatura. “Lungi da ciò. Il Brasile ha tutte le istituzioni di un paese democratico. Tutto ciò che pensa di poter fare nel paese ha bisogno dell’approvazione del Congresso, dove non ha la maggioranza, e dovrà fare una serie di concessioni. Parlare è una cosa, fare è un’altra “, dice.
Per quanto riguarda la proposta di creare un Ministero dell’Ambiente e dell’Agricoltura, che può essere abbandonata, il fotografo crede sia la prova che Bolsonaro dovrà tornare sulle sue decisioni.
“Questo dimostra la pressione che esiste nel business interno. Il Brasile è diventato il più grande produttore agricolo del mondo ed esporta carne, soia, caffè “, dice. “L’agro business è enorme e dipende dal mercato estero. La fine del Ministero dell’Ambiente e la distruzione di una parte dell’Amazzonia avrebbero effetti devastanti per l’economia, solleverà un movimento globale di boicottaggio “, ricorda.
Salgado, che dirige una ONG che lavora per la riforestazione, non crede che l’elezione di Bolsonaro possa avere un effetto negativo sul suo lavoro.
“Questo movimento è indipendente dal governo, pianteremo 150 milioni di alberi e non abbiamo bisogno di soldi pubblici”, dice. “Il grande problema ecologico di Bolsonaro è l’Amazzonia, perché ha promesso un’apertura dell’Amazzonia all’agro business. Ma mi chiedo se questo business abbia bisogno dell’Amazzonia. Hanno le terre più fertili del mondo “, dice.
Secondo il fotografo, i militari stessi difendono l’Amazzonia e hanno creato FUNAI. “Le Forze Armate sono la principale istituzione presente in Amazzonia e conosco un certo numero di giovani generali contrari all’apertura dell’Amazzonia”, dice.