
Non solo Lega e Fdi. A criticare l’Europa, i Trattati e le privatizzazioni ci sono anche numerose sigle ex comuniste e comuniste. Piattaforme appoggiate da La France insoumise di Mélenchon e dalla Linke tedesca.
Un sondaggio di Swg indica che solo il 4% degli italiani è entusiasta dell’Ue, mentre un altro, condotto da Lorien, indica che il 38% degli italiani è euroscettico, con percentuali alte tra la Lega Nord (42%) e Fratelli d’Italia (70%), ma anche nel M5s (65%). Sarà anche per questo che si tende ad affibbiare al concetto “sovranista” una accezione di destra, nonostante il Movimento si sia sempre dichiarato oltre le vecchie ideologie della politica. Eppure a non avere fiducia nell’Europa è anche il 46% degli elettori di Prc e Pci. Segno che l’euroscetticismo è un sentimento trasversale, che accomuna frange di estrema destra ed estrema sinistra. E non solo in Italia. In Francia, per esempio, il gauchista Jean-Luc Mélenchon ha indicato la via per una gauche patriottica e no euro.
LA SINISTRA CHE DICE NO. Facendo un passo indietro agli Anni 50, l’unico partito italiano a votare nel 1957 contro la ratifica dei trattati di Roma che istituirono la Cee e l’Euratom, antenati dell’Ue, fu il Pci di Togliatti. Sull’Unità il Partito definì il mercato comune «la forma sovranazionale che assume nell’Europa occidentale il capitale monopolistico». E oggi? Mentre il grosso delle formazioni a sinistra si dicono «europrogressiste» e favorevoli agli Stati Uniti d’Europa con l’obiettivo di minare l’impianto neoliberista della Troika attraverso riforme anti-austerity, una parte di questa galassia sta sviluppando posizioni in netta rottura con l’euro, con l’Unione europea e la Nato.
Un esempio è la Confederazione per la liberazione nazionale, piattaforma della «sinistra patriottica» che rivendica la nostra sovranità nazionale e l’uscita dall’euro e dai Trattati, promossa lo scorso agosto a Chianciano Terme da Moreno Pasquinelli, portavoce del Campo antimperialista di Assisi, dal politologo Leonardo Mazzei, da Beppe De Santis, leader storico dell’autonomismo siciliano, da Fabio Frati, sindacalista Cub Trasporti alla guida dei lavoratori di Alitalia critici verso la dismissione della compagnia di bandiera, dall’avvocato socialista Giuseppe Angiuli e da Luca Massimo Climati, leader ambientalista romano. La Cln si rifà storicamente alla sinistra del Psi e, oggi, a La France insoumise, il movimento socialista no-euro animato proprio da Mélenchon, che alle ultime presidenziali francesi ha ottenuto il 19,58%.
AFFINITÀ CON LA LINKE. Oltre a una delegazione di France insoumise, a Chianciano era ospite Inge Höger rappresentante della Linke tedesca, che in queste ultime elezioni ha sfiorato il 10% dei voti. L’obiettivo, molto ambizioso, consiste nel costituire un cartello socialista che, accanto alle tradizionali rivendicazioni legate al mondo del lavoro, proponga la rottura coi trattati europei definiti «ultra-liberisti e funzionali unicamente al capitale finanziario», come sostengono i dirgenti del Cln, nome scelto non a caso, visto il rimando al Cln antifascista. Come dire, ieri resitenza contro i nazifascisti, oggi resistenza contro l’austerity. Il tutto attraverso una forza «autenticamente socialista e popolare» che può nascere, dicono gli esponenti di Cln, «solamente prendendo le distanze dalle sinistre euriste e compromesse con le politiche di austerità».
Ma chi sono gli euroscettici e sovranisti della nostra sinistra? Cominciamo col Pci di Mauro Alboresi, attorno a cui gravitano il sindacato di base Usb, collettivi marxisti e reti comuniste della piattaforma Eurostop per «cambiare il Paese con i tre No all’Euro, all’Unione europea, alla Nato» e il blocco dei trattati liberoscambisti come il Ttip. Fortemente critici verso la Grecia di Tsipras, i comunisti di Eurostop – che hanno fra i suoi aderenti Giorgio Cremaschi, ex sindacalista della Fiom – propongono «una rottura contro i poteri e le forze dell’oppressione» per rappresentare «uno strumento che ha l’obiettivo di organizzare la forza delle classi subalterne per lottare contro di essi», mobilitando lavoratori e lavoratrici, migranti e disoccupati colpiti da crisi e dalle politiche di austerity.
SPESA PUBBLICA E CONTROLLO SULLA MONETA. La piattaforma, tramite Vladimiro Giacché, economista marxista e blogger del Fatto Quotidiano, spiega che l’Ue è «la sopraffazione organizzata del capitale sul lavoro e dei poteri nazionali più forti su quelli più deboli […] che, combinandosi, stanno creando dinamiche di dominazione neocoloniale all’interno della stessa Unione europea». Non solo. Rivendica l’attuazione della Costituzione, che porterebbe «all’abbattimento della disoccupazione di massa con un adeguato piano d’intervento pubblico nell’economia, finanziato da una spesa pubblica e da un sistema bancario in mano allo Stato». Nel “programma” rientrano anche la “nazionalizzazione” della Banca d’Italia, il pieno controllo statale sulla moneta e sui movimenti di capitale, misure straordinarie per «sradicare la grande evasione fiscale». Eurostop chiede inoltre il blocco delle spese militari e degli interventi all’estero. «Solo un programma di sviluppo sociale egualitario e l’abbandono della guerra», è il ragionamento, «potranno dare una risposta giusta e solidale alle migrazioni e ai migranti» conseguenza di guerre e di rapporti iniqui col Terzo Mondo.
Altra anima dell’estrema sinistra critica nei confronti dell’Europa è il Pc di Marco Rizzo, partito marxista-leninista vicino al Kke in Grecia che critica l’eurocomunismo berlingueriano e spiega che la fase di uscita dall’Ue e dalla Nato deve essere accompagnata «da un rovesciamento dei rapporti sociali, dall’abolizione dello sfruttamento di classe, per la costruzione di una società socialista». Sul tavolo del Pc anche l’«unità comunista» e il dialogo col Pci di Alboresi.
IL FRONTE SOVRANISTA. Caso a parte, e difficile da etichettare “di sinistra”, è quello del Fronte sovranista italiano fondato nel giugno 2016 da Stefano D’Andrea. Alle ultime Amministrative il Fsi si è presentato con la lista civica Riconquistare Avezzano – comune dell’Aquilano dove risiede di D’Andrea – e ha ottenuto il 4%, dimostrando, spiega il fondatore che esiste uno spazio politico per queste istanze. Nato attorno all’Associazione riconquistare la sovranità (Ars) – che rivendica la paternità del neologismo “sovranismo” – e al periodico online Appello al popolo, quello del Fsi è un percorso cominciato tra il novembre del 2011 e il marzo del 2012. E cioè, spiega D’Andrea, «nel periodo in cui in Italia entrò di fatto la Troika rappresentata da Mario Monti». «Siamo cittadini», si legge nel sito, «che avvertono l’esigenza di una riscoperta collettiva dei valori costituzionali. Ci poniamo come obiettivo la riconquista della sovranità nazionale in ogni sua forma, attraverso il ricollocamento della Costituzione al vertice dell’ordinamento. Siamo persone che cercano convergenze più che scontri». Il programma del Fsi prevede, oltre alla rottura dei trattati europei che privano (secondo i membri) l’Italia della propria sovranità, il blocco delle privatizzazioni, la ripresa degli investimenti pubblici, il ritorno alla lira e l’uscita dalla Nato.