Museu do Aljube – Resistenza e Libertà

di Marica Guazzora

Lisbona, 7 settembre 2019 – Il Museo compie il dovere della gratitudine e della memoria della città di Lisbona e del paese alle vittime del carcere e della tortura che, con il  sacrificio della propria vita, combatterono per la Libertà e per la Democrazia durante il lungo periodo della dittatura. Il Portogallo visse 48 anni sotto un regime dittatoriale. Tra le due guerre mondiali si instaurò lo Stato Nuovo, un regime corporativo con un leader indiscutibile – Oliveira Salazar – sostenuto dall’esercito e ispirato in gran parte al fascismo italiano. El Aljube, cisterna, pozzo o carcere – fu una prigione ecclesiastica del secolo XIX. Durante la I Repubblica divenne un carcere di donne. A partire dal 1928, la Dittatura Militare la destinò ai prigionieri politici e sociali, diventando nel tempo un carcere riservato alla polizia politica. Fu disattivato nel 1965.

Cerco di documentare attraverso alcune tra le fotografie che ho fatto,  un po’ di storia di questo museo, molto interessante ma anche molto complesso. D’altra parte la dittatura fascista è, purtroppo, uguale ovunque, e quindi non vi sarà difficile capire, anche se in portoghese, o con la mia traduzione imperfetta, la disastrosa situazione di quel paese e di quel popolo sotto la dittatura di Salazar.

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La Dittatura militare (1926-1933) e lo Stato Nuovo (1933-1974) si costruirono sopra lo smantellamento dello stato liberale, del sistema parlamentare multipartitico e del sindacalismo libero. Istituirono la censura, utilizzarono una giustizia sommaria per giustiziare i loro oppositori, li incarcerarono in prigioni riservate della polizia politica o li deportarono nei diversi campi di concentramento distribuiti per tutto l’Impero.

I “miti costumi” propagandati dal regime

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Svegliati svegliati uomo che dormivi cullato nel dolore del silenzio.

José Gomez Ferreira 1945

La paura

La paura impregnava tutte le relazioni sociali. Paura di essere preso, paura di perdere l’impiego, paura dell’ostracismo sociale, paura della persecuzione e dell’isolamento, paura della calunnia, paura di essere svantaggiato… Paura del superiore, paura della polizia, paura della burocrazia, paura del vicino. La paura generava più paura, Era un’aria soffocante e irrespirabile. Per la maggioranza. C’era chi prosperava e si sentiva confortato dalle disgrazie degli altri. Continua ad esserlo anche adesso. Mario de Carvalho 2014. 

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Anche nella notte più triste, nel tempo della servitù, c’è sempre chi resiste, c’è sempre chi dice no. Manuel Alegre, 1965

Il Tribunale Militare

Tra il 1933 e il 1945 la giustizia politica funzionò in tribunali militari , sopra la base del procedimento sommario. Più di diecimila prigionieri passarono per questi tribunali. Dal 1945 al 1974 la giustizia fu applicata dal Tribunale Plenario, formato da giudici di carriera, dove però la Polizia Politica (PIDE) aveva voce in capitolo nei processi.

Catturati in condizioni illegali, i prigionieri erano condotti nelle carceri politiche del PIDE dove erano sottoposti a processi di intimidazione che includevano la tortura con lo scopo di ottenere la dichiarazione di colpevolezza o le reti politiche nelle quali lavoravano.

Il carcere dell’Impero

Nel Aljube esistevano 14 celle da 1 metro per 2, senza luce né la minima condizione di salute, dove i prigionieri erano sottoposti a forti pressioni fisiche e psicologiche, prima di essere condotti all’interrogatorio. Potevano rimanere in queste celle a tempo indeterminato alla mercé della polizia politica.

La donna

La prima metà del secolo XX è segnata per il violento contrasto tra la situazione di vera oppressione civica e di sfruttamento a cui era sottoposta la donna come cittadina e come lavoratrice. In questo mondo oppresso dal clericalismo conservatore, per l’oppressione e per la discriminazione,  donne come Maria Lamas, Maria Isabel Aboim Ingles, Virginia Moura o Maria Machado  intrapresero un nuovo e specifico approccio della condizione femminile  e specialmente della condizione, fino ad allora invisibile, della donna lavoratrice. Nel paese del femminismo tardivo , nascerà quello che si considera il primo manifesto femminista portoghese la Nuova Carta Portoghese, la cui pubblicazione (sequestrata), nel 1972 vedrà perseguitate come criminali le sue tre autrici Maria Teresa Horta, Maria Velho da Costa e Isabel Barreno.

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La clandestinità

Incluso durante il corto periodo elettorale, gli oppositori al regime vivevano in libertà condizionata. Nel resto del tempo, i diversi gruppi di opposizione al regime, in modo particolare il Partito Comunista portoghese, vissero tutta la propria attività politica e di propaganda in completa clandestinità.

Alcune delle tante pubblicazioni 

 

Resistenza!

La resistenza al regime dittatoriale si manifestò attraverso delle rivolte, con attacchi e con  propaganda clandestina, fin dall’inizio della Dittatura Militare (1926). La resistenza repubblicana e socialista scatenò più di una decina di prove di rivolta tra il 1929 e il 1940. Il Partito Comunista portoghese dispiegò una intensa lotta clandestina sia in campo politico che sindacale e  di propaganda, specialmente dopo il 1929. Nel 1945 si creò un Fronte elettorale antifascista (MUD) per disputare le elezioni promesse dal dittatore. Continuò la resistenza manifestando pubblicamente durante il periodo elettorale, specialmente per le elezioni presidenziali del 1958, intorno al candidato Humberto Delgado. Però fu nella decade del 1970 che si accentuarono le contraddizioni politiche del regime e si crearono le condizioni per recuperare le libertà che produssero la radice della Rivoluzione dei Garofani il 25 aprile del 1974.

 

Durante 37 anni, tra il 1928 e il 1964, migliaia di uomini, vittime della polizia politica della dittatura, entrarono in questa prigione e resistettero  all’isolamento, alle celle collettive o all’infermeria. Finirono con l’ essere prigionieri o vittime di interrogatori e di tortura. Questo museo onora la loro memoria e il loro sacrificio.

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