Paola Garelli (Mirka) 28 anni
– pettinatrice – nata a Mondoví (Cuneo) -. Dall’ottobre 1943 svolge a Savona attività clandestina. Entra a far parte della brigata SAP “Colombo”, divisione “Gramsci”. Assolve compiti di collegamento e rifornimento viveri e materiali per le formazioni operanti nei dintorni della città . Arrestata nella notte fra il 14 e il 15 ottobre 1944 nella propria abitazione di Savona, ad opera di militi delle Brigate Nere viene tradotta nella sede della Federazione Fascista di Savona. Viene fucilata il 1° novembre 1944, da un plotone fascista, senza processo, nel fossato della Fortezza ex Priamar di Savona, con altri compagni e compagne tra cui Franca Lanzoni e Luigina Camotto, staffette partigiane.
Mimma cara,
la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed
ubbidisci sempre gli zii che t’allevano, amali come fossi io.
Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino il
dolore che do loro. Non devi piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio. Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo.
Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandovi, la tua infelice mamma
Bertolt Brecht, tratta da “A coloro che verranno”
Nelle città venni al tempo del disordine, quando la fame regnava.
Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte, e mi ribellai insieme a loro.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.
Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.
Feci all’amore senza badarci
e la natura la guardai con impazienza.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
Al mio tempo le strade si perdevano nella palude.
La parola mi tradiva al carnefice.
Poco era in mio potere. Ma i potenti
posavano più sicuri senza di me; o lo speravo.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
Le forze erano misere. La meta
era molto remota.
La si poteva scorgere chiaramente,
seppure anche per me quasi inattingibile.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
Voi che sarete emersi dai gorghi
dove fummo travolti
pensate
quando parlate delle nostre debolezze
anche ai tempi bui
cui voi siete scampati.
Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,
attraverso le guerre di classe, disperati quando solo ingiustizia c’era,
e nessuna rivolta.
Eppure lo sappiamo:
anche l’odio contro la bassezza
stravolge il viso.
Anche l’ira per l’ingiustizia
fa roca la voce. Oh, noi
che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,
noi non si potè essere gentili.
Ma voi, quando sarà venuta l’ora
che all’uomo un aiuto sia l’uomo,
pensate a noi
con indulgenza.
“Chi non conosce la storia, sarà costretto a riviverla”.
– Il 27 gennaio del 1945 l’Armata Rossa entrò nel campo di sterminio nazista di Auschwitz. Sul portone di ingresso del campo c’era scritto “Il lavoro nobilita l’uomo”.
– Intorno alle 15 i soldati sovietici della Prima Armata del Fronte Ucraino, comandata dal maresciallo Koniev entrarono nel campo di sterminio. Fu così che gli Alleati scoprirono la “vergogna” di Auschwitz. In base alle indagini svolte immediatamente dopo la “scoperta” del lager, esperti inglesi, americani e russi, che lavorarono di comune accordo, stimarono in circa quattro milioni le persone che trovarono la morte nei forni crematori di Auschwitz-Birkenau.
L’avanzata delle truppe sovietiche in Polonia, in direzione della Germania, obbligò i gerarchi hitleriani a evacuare i prigionieri da decine di lager e a distruggere gli impianti di sterminio, che secondo le stime più attendibili servirono complessivamente per il genocidio di circa sei milioni di ebrei europei. Nei campi di concentramento oltre agli ebrei furono
– reclusi: zingari, slavi, comunisti, e chi era considerato indesiderabile come gli omosessuali.
L’ultimo trasporto dei prigionieri di ambo i sessi verso Auschwitz avvenne a piedi. Era il 18 gennaio. Nei giorni che precedettero la liberazione c’era nei prigionieri – secondo quanto riferirono i pochi sopravvissuti – una tensione drammatica. Nel campo si trovavano soprattutto coloro che non potevano camminare.
Quasi subito dopo l’ultimo trasporto, gli ufficiali delle SS cominciarono a bruciare i magazzini appiccando il fuoco con i vestiti imbevuti di benzina, strappati agli uomini uccisi nelle camere a gas. Il 20 gennaio le SS fecero esplodere i forni crematori numero 2 e 3, e la notte tra il 25 e il 26 anche il crematorio 5.
Su di un muro di Auschwitz c’è scritto “Chi non conosce la storia, sarà costretto a riviverla”.
Lo avrai camerata Kesselring il monumento che pretendi da noi italiani
di Pietro Calamandrei
Lo avrai camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
di Pietro Calamandrei
Lo avrai camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
Più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA