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Gerusalemme, scontri in Cisgiordania e a Gaza: ucciso un palestinese, oltre 250 feriti

Si appesantisce il bilancio delle vittime durante le proteste contro la politica del presidente americano per la nuova capitale di Israele

da Ansa.it 8 dicembre 2017

Un giovane palestinese è morto negli scontri con l’esercito israeliano nei pressi della linea di demarcazione con Gaza. Mahmoud al-Masri (30 anni), riferisce la Maan, spiegando “è stato ucciso dall’occupazione a est di Khan Younis”. Il ministero, secondo la stessa fonte, ha detto che sono stati trattati 250 feriti dai medici. In seguito era stata diffusa la notizia della morte di un altro palestinese, ma il ministero della Sanità a Gaza ha precisato che quest’ultimo è in realtà gravemente ferito. Durante il trasferimento in ospedale, l’uomo ha mostrato segni di vita ed è stato subito trasferito in sala operatoria in un tentativo estremo di salvarlo.


Tra i feriti, oltre 160 sono stati intossicati da gas lacrimogeni, altri contusi da proiettili rivestiti di gomma, sette invece colpiti da colpi di arma da fuoco e altri tre feriti in maniera diversa. A Gaza, a quanto risulta, i feriti sono una quindicina.

Ho mantenuto la mia promessa elettorale – gli altri non lo hanno fatto”. Così Donald Trump su Twitter in riferimento all’annuncio di voler trasferire l’ambasciata Usa a Gerusalemme e aver dichiarato la città capitale di Israele. Il tweet è accompagnato da un video in cui compaiono gli ex presidenti Usa, Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama, e infine Trump, dove tutti affermano che Gerusalemme è la capitale di Israele, e l’attuale presidente lo ha poi dichiarato ufficialmente.

 

http://www.ilpartitocomunistaitaliano.it

Gerusalemme: Il Pci scenderà in piazza a fianco della Comunità palestinese

di Cristina Benvenuti e Juri Carlucci, dipartimento esteri PCI

 Si vis pacem, para bellum: se vuoi la pace, prepara la guerra. Trump dagli Stati Uniti, dichiarando pubblicamente di voler spostare l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo questa città come vera capitale di Israele, non prepara la guerra solo per sé, ma sceglie il Medio Oriente come teatro per una battaglia terribile, che non vedrà vincitori e potrà aprire una crisi mondiale. Trump “deve” fare questa scelta perché eredita la sconfitta militare americana in Siria e perché ha un gradimento interno sceso sotto il 40% ed ha bisogno di nemici da combattere, così da riunire accanto a sé le forze liberiste del proprio Paese, petrolieri e lobby delle armi in primis. L’obiettivo è una guerra da dichiarare presto all’Iran con l’appoggio dei Paesi delle monarchie del Golfo che per ora, su Gerusalemme, rimangono perlopiù silenti.

Il Partito Comunista Italiano avverte un forte pericolo: che l’ingiustificata presa di posizione di Trump porterà immediatamente alla guerra. La Palestina, già dilaniata da decenni di barbara aggressione sionista, smembrata e colpita quotidianamente da lutti e impoverita dallo sfregio continuo dell’occupazione delle terre e delle città da parte dei governi di Israele che si sono succeduti dal 1948 ad oggi, non può sopportare anche questa umiliazione. Gerusalemme est è la capitale dello Stato di Palestina! Lo ha deciso una risoluzione delle Nazioni Unite, lo ha scelto la Storia.

 

Solo l’ignoranza e la ferocia imperialista possono portare ad una scelta tanto infida e ingannevole. La notizia è sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo e chiunque sia a capo di una Cancelleria ha capito che una scelta simile porterebbe entro la fine dell’anno in corso ad una guerra senza prigionieri. Il Papa, dopo aver ricevuto una telefonata del Presidente palestinese Abu Mazen, ha chiarito stamane: “Non posso tacere. Sia impegno di tutti rispettare lo status quo della città, in conformità con le risoluzioni pertinenti delle Nazioni Unite. Gerusalemme è una città unica, sacra per gli ebrei, i cristiani e i musulmani”.

Il bulgaro Nikolay Mladenov, nominato coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, ha rilasciato un inequivocabile comunicato ai media: “Il futuro di Gerusalemme è qualcosa che deve essere discusso con Israele, con i palestinesi, seduti fianco a fianco, direttamente, nei negoziati”, aggiungendo che l’ONU incoraggia un “ritorno a negoziati significativi” tra israeliani e palestinesi.

Nelle prossime ore il Partito Comunista Italiano sarà in piazza a fianco della Comunità Palestinese, per ribadire la sua solidarietà al popolo di Palestina e per dire un NO! forte alla guerra che avanza in Medio Oriente, trascinata non solo da Trump ma da tutti coloro che fanno esercitazioni militari con Israele ormai con cadenza annuale, dagli imperialisti della NATO alle forze neocolonialiste europee, compresa l’Italia e il governo italiano sostenuto dal PD. Con la nostra presenza ribadiremo la nostra ferma condanna al servilismo del governo italiano verso Israele e gli USA e la nostra opposizione al continuo sperpero di risorse per acquistare armamenti e sostenere spese di guerra.

 

pflp

di Sergio Cararo
da forumpalestina.org

“Il 6 dicembre 2017, il presidente Trump riconoscerà Gerusalemme come capitale di Israele”. La notizia è ufficiale e contiene in sé molte conseguenze nefaste per le relazioni internazionali.

Le più immediate sono visibili a occhio nudo: gli interessi statunitensi, israeliani e sauditi sono usciti sconfitti dal tentativo di destabilizzare il Medio Oriente (in particolare Siria e Iraq) tramite l’Isis. La decisione su Gerusalemme capitale lancia una sassata nel vespaio rinfocolando il conflitto nella regione. Già in Libano se ne avvertono i segnali.

La sconfitta subita da Usa, Israele e Arabia Saudita, ha visto, contestualmente, rafforzarsi l’asse intorno all’Iran (con Siria, Iraq, Hezbollah e la Russia), che Israele teme come la peste perché vede consolidarsi l’unica potenza regionale – l’Iran – capace di contrastarla. Contro tale rischio convergono gli interessi fino a ieri inconfessabili tra Israele e Arabia Saudita.
Questo scenario viene certificato dall’editoriale del giornale conservatore israeliano Israel HaYom (vicino a Netanyahu), il quale scrive che: “i rivolgimenti all’interno del campo sunnita, frutto della crescente minaccia iraniana, uniti a quella che appare la volontà dell’Arabia Saudita di venire allo scoperto e cooperare con Israele sul fronte strategico, potrebbero trasformare la nuova posizione americana su Gerusalemme nel catalizzatore di una vera svolta regionale: un’eventualità che potrebbe mettere in ombra i rischi di un aumento del livello di tensioni”.

In secondo luogo Trump ha ratificato la legge approvata dal congresso Usa nel 1995 (epoca Clinton), che richiedeva all’amministrazione di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele e trasferirvi l’ambasciata degli Stati Uniti. Una legge che le amministrazioni avevano tenuto nel frigorifero che custodiva il vecchio equilibrio tra Stati Uniti e Israele e che vedeva la seconda in posizione subordinata ai primi.
La decisione di Trump rivela che tale equilibrio si è nella pratica rovesciato (come aveva anticipato da tempo lo studioso marxista statunitense James Petras) e vede gli Usa non riuscire più a “governare” i propri alleati ma a privilegiarne qualcuno (Israele) anche a discapito di altri (regimi arabi).

Una posizione questa che certifica, nero su bianco, il declino degli Usa sia nei rapporti con gli alleati che nei rapporti di forza internazionali, rivelando un indebolimento evidente della propria visione e funzione strategica. Significativa, in tal senso, l’affermazione dello scrittore israeliano Abraham Yoshua il quale sostiene in una intervista che “Trump non sa di cosa parla. Gerusalemme è già la nostra capitale e non abbiamo bisogno di lui per saperlo“.
In terzo luogo la decisione di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele – Al Quds per il mondo arabo-islamico – mette fine alla commedia della legalità internazionale, che si è sempre manifestata con un insopportabile doppio standard nel caso di Israele. Per molto meno di quello che Israele ha fatto ai palestinesi, la cosiddetta comunità internazionale ha scatenato guerre, embarghi, sanzioni contro paesi che disattendevano le risoluzioni dell’Onu.

L’operazione Gerusalemme capitale non solo sancisce la pulizia etnica contro i palestinesi e l’ebraicizzazione di una città con status internazionale riconosciuto come tale dall’Onu e da tutti, tranne che da Israele, oggi dagli Usa, forse domani anche da una Arabia Saudita che vede frantumarsi la propria rendita di posizione come custode dei luoghi sacri dell’Islam. Se dovessimo aggiungere una miseria alla gravità del fatto, non possiamo non sottolineare il servilismo del governo e delle istituzioni sportive italiane che hanno accettato, per qualche milione di euro, di legittimare questa operazione facendo partire a maggio 2018 il Giro d’Italia proprio da una Gerusalemme ormai “israelianizzata”.

Dunque ci troviamo davanti ad almeno tre fattori che peseranno maledettamente sulle relazioni internazionali del prossimo futuro: una nuova escalation di tensioni e conflitti in Medio Oriente; le conseguenze del declino dell’egemonia statunitense; la crescente influenza internazionale del progetto sionista israeliano ben oltre le sue ambizioni regionali. E’ l’ulteriore segno dei tempi di ferro e di fuoco che attendono il mondo in cui ci è toccato di vivere, diverso e peggiore da quello in cui abbiamo vissuto fino ad ora. Riaddrizzare il piano inclinato non è un’opinione, è una lotta per la sopravvivenza.

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