da Redazione
Queste citazioni mi paiono particolarmente adatte e significative per una riflessione seria sugli eventi dei giorni neri che stiamo vivendo, in questo contesto italiano che non ha ancora la stessa faccia del fascismo che abbiamo conosciuto sui libri o nei racconti (perché troppo giovani per averlo vissuto), ma la smorfia che la deforma si fa evidente ogni giorno di più. Occorre mettere tutto il nostro impegno antifascista per fermarla, prima che si trasformi del tutto nell’orrore.
“Si parla di capitani senza esercito, ma in realtà è più facile formare un esercito che formare dei capitani. Tanto è vero che un esercito [già esistente] è distrutto se vengono a mancare i capitani, mentre l’esistenza di un gruppo di capitani, affiatati, d’accordo tra loro, con fini comuni non tarda a formare un esercito anche dove non esiste.”
(Antonio Gramsci, “Quaderni dal Carcere”, Quaderno 14 [I], voce 70, “Machiavelli. Quando si può dire che un partito sia formato e non possa essere distrutto con mezzi normali)
“Chi ai nostri giorni voglia combattere la menzogna e l’ignoranza e scrivere la verità, deve superare almeno cinque difficoltà. Deve avere il coraggio di scrivere la verità, benché essa venga ovunque soffocata; l’accortezza di riconoscerla, benché venga ovunque travisata; l’arte di renderla maneggevole come un’arma; l’avvedutezza di saper scegliere coloro nelle cui mani essa diventa efficace; l’astuzia di divulgarla fra questi ultimi. Tali difficoltà sono grandi per coloro che scrivono sotto il fascismo, ma esistono anche per coloro che sono stati cacciati o sono fuggiti, anzi addirittura per coloro che scrivono nei paesi della libertà borghese.”
(Bertolt Brecht, da “Cinque difficoltà per chi scrive la verità”, 1934)
“Piccolo gruppo compatto, noi camminiamo per una strada ripida e difficile tenendoci con forza per mano. Siamo da ogni parte circondati da nemici e dobbiamo quasi sempre marciare sotto il fuoco. Ci siamo uniti, in virtù di una decisione liberamente presa, allo scopo di combattere i nostri nemici e di non sdrucciolare nel vicino pantano, i cui abitanti, fin dal primo momento, ci hanno biasimato per aver costituito un gruppo a parte e preferito la via della lotta alla via della conciliazione. Ed ecco che taluni dei nostri si mettono a gridare: “Andiamo nel pantano!”. E, se si incomincia a confonderli, ribattono: “Che gente arretrata siete! Non vi vergognate di negarci la libertà d’invitarvi a seguire una via migliore?”. Oh, sí, signori, voi siete liberi non soltanto di invitarci, ma di andare voi stessi dove volete, anche nel pantano; del resto pensiamo che il vostro posto è proprio nel pantano e siamo pronti a darvi il nostro aiuto per trasportarvi i vostri penati. Ma lasciate la nostra mano, non aggrappatevi a noi e non insozzate la nostra grande parola della libertà, perché anche noi siamo “liberi” di andare dove vogliamo, liberi di combattere non solo contro il pantano, ma anche contro coloro che si incamminano verso di esso.”
(Vladimir Lenin, dal “Che fare?”, 1902)