di Luigi Marino
e di seguito la Dichiarazione del Comitato Centrale del Partito Comunista della Federazione Russa
lI dissenso, che sin dall’inizio dell’era Lukashenko era già presente e latente, indubbiamente in questi ultimi anni è di gran lunga cresciuto. Non bisogna mai dimenticare, per comprendere anche i recenti avvenimenti, che Lukashenko nel 1991 fu il deputato bielorusso che votò contro la disgregazione dell’URSS e che ha sempre difeso il sistema sovietico opponendosi alle privatizzazioni selvagge. Questo dissenso non è ora espresso solo da strati della popolazione giovanile, ma anche da cittadini che svolgono soprattutto lavoro autonomo o da altri che hanno avuto modo di stabilire contatti con l’estero per motivi legati all’esercizio di libere professioni. Oltre a rivendicare democrazia e spazi di libertà economica e di intrapresa, non è dato tuttavia ancora di conoscere quali siano le linee programmatiche alternative dell’opposizione.
Entrare nella NATO quale precondizione per l’ingresso nella Unione Europea? Rompere con la Federazione Russa rinunziando, tra l’altro, a materie prime indispensabili fornite a prezzi di favore? Ampia libertà di impresa e privatizzazione dei settori attualmente statali o sotto controllo dello Stato?
L’opposizione, che comprende alcuni nuclei di operai e dipendenti delle fabbriche, è unita su una politica del genere? E sino a che punto la classe operaia è disponibile in tal senso a mettere in discussione il proprio stato? Non è forse vero che – a differenza della stessa Russia post-sovietica – la Bielorussia ha compiuto ogni sforzo per conservare quello stato sociale, basato sostanzialmente sull’assenza di disoccupazione, costituito da salari relativamente alti rispetto al resto dei paesi già facenti parte dell’Unione sovietica, da servizi sociali pressoché gratuiti nei settori della sanità, dell’istruzione, dei trasporti per citarne solo alcuni?
Anche i giornalisti più informati e ipercritici nei confronti della politica estera ed interna della Bielorussia e non solo di questa, come Paolo Garimberti (vedi “la Repubblica” del 17 agosto) non ignorano e non possono disconoscere quanto conservato del precedente assetto giuridico-proprietario e realizzato in tutti i 26 anni della presidenza Lukashenko, essendo la Bielorussia una repubblica presidenziale.
La Bielorussia con Lukashenko non ha visto e vissuto il triste fenomeno degli “oligarchi”, che per quattro soldi si sono impadroniti, al tempo Gorbacev e soprattutto di El’cyn, della ricchezza dello Stato.
Ma tutto questo non è bastato perché il dissenso, che è un dato reale in parte della popolazione, venisse almeno contenuto nella sua crescita per errori certamente di tenuta del Governo e per le sopraggiunte obiettive difficoltà. Certamente la politica altalenante e tentennante nei rapporti con la Federazione Russa da un lato e con l’Unione Europea dall’altro, ha avuto come conseguenza un minore sostegno da parte russa e una consistente diminuzione di aiuti per affrontare i problemi emergenti. Questa politica portata avanti negli ultimi tempi insieme alle perdite significative delle entrate statali derivanti dall’export, nonché alle conseguenze più recenti della pandemia, non poteva non acuire contraddizioni già esistenti “in mezzo al popolo” e peggiorare comunque le condizioni di vita dei bielorussi delle città maggiori in primo luogo.
L’entità dei partecipanti alle manifestazioni di protesta è stata rilevante senza alcun dubbio. Questo non può sfuggire ad una attenta valutazione dei fatti accaduti e non può non costituire costante preoccupazione per il Presidente Lukashenko e per tutti i vertici del paese per lo stato dei rapporti Stato-cittadini e sulla necessità di una loro rivitalizzazione. È pur vero che la campagna anti-bielorussia è iniziata ancor prima della stessa competizione elettorale con l’innegabile sostegno dei governi occidentali e con l’accusa dell’opposizione, capeggiata dalla Tichanovskaja, di manipolazione del voto ancora non espresso dagli elettori. Intanto i candidati tutti – quattro oltre a Lukashenko — hanno organizzato senza alcun impedimento i loro comizi e manifestazioni sino all’apertura dei seggi, nei quali vi erano i rappresentanti di tutti i candidati a controllare le procedure, le urne trasparenti in plexiglass, la regolare partecipazione degli aventi diritto al voto e lo stesso spoglio finale.
Il risultato, quasi plebiscitario, a favore di Lukashenko è incontestabile e va molto al di là delle stesse accuse dell’opposizione di un voto raggiunto per brogli o errori di conteggio. Ancora una volta la stampa ufficiale dell’occidente ha battuto la grancassa sulle “elezioni-farsa” in Bielorussia senza fornire alcuna prova come nelle precedenti consultazioni elettorali. Dal canto loro i governi occidentali hanno di fatto avallato le spinte disgregatrici auspicando capovolgimenti istituzionali. Ma per questi governi si tratta di una “ingerenza democratica”, quindi a loro avviso “legittima”!
Sul dopo elezioni, restando ferma la riprovazione delle violenze poliziesche subìte da cittadini inermi, sarebbe tuttavia da ricordare a tutte le “anime belle” quanto prescritto dal Testo Unico di Pubblica Sicurezza vigente in Italia in materia di manifestazioni non autorizzate o quanto avvenuto a Genova anni fa o più recentemente a Parigi e a New York prima di indignarsi a senso unico e sollecitare sanzioni.
19 agosto 2020
Diciamo NO al tentativo di colpo di Stato in Bielorussia
Dichiarazione del Comitato Centrale del Partito Comunista della Federazione Russa
Tratto da Marx21.it. Traduzione a cura di Mauro Gemma
Nelle elezioni presidenziali del 9 agosto 2020 in Bielorussia, il capo di Stato in carica Alexander Grigorievich Lukashenko ha ottenuto una vittoria convincente. Il sostegno ricevuto da parte degli elettori è determinato dagli indubbi successi conseguiti dal Paese in campo socio-economico. Nonostante il fatto che la Bielorussia sia priva di minerali, la leadership del paese, dopo il 1991, è riuscita non solo a preservare, ma anche ad aumentare il tenore di vita delle persone attraverso una gestione economica competente. L’ingegneria meccanica è stata conservata e si è sviluppata nella Repubblica. Un autocarro con cassone ribaltabile su tre nel mondo viene prodotto in Bielorussia. I trattori prodotti a Minsk operano in decine di paesi in tutto il mondo. I trattori pesanti prodotti in Bielorussia sono il “cavallo di battaglia” dei sistemi missilistici mobili Topol e Yars che garantiscono la sicurezza della Russia.
È in corso lo sviluppo di industrie ad alta tecnologia, principalmente elettronica e della strumentazione. La Bielorussia ha un’agricoltura potente basata sulle tecnologie più avanzate. Molta attenzione è dedicata al rafforzamento dei sistemi educativi e sanitari. Stanno emergendo nuovi settori dell’economia, compreso il nucleare. La cultura nazionale gode di ampio sostegno da parte dello Stato. È su questa base che nelle condizioni più difficili della crisi economica mondiale, si preservano stabilità e prospettive di un futuro dignitoso per il Paese.
Tuttavia, i successi della Bielorussia e in particolare i suoi rapporti fraterni di alleata con la Russia causano un rifiuto inconciliabile dei nostri “ipocriti amici” in Occidente. Per molti anni i tentativi di ricatto diretti e segreti e le pressioni violente sulla leadership della Repubblica non hanno subìto interruzione. Vengono introdotte sanzioni economiche e politiche. A poco a poco, da molti anni, una “quinta colonna” si è costituita tra i destinatari di borse di studio, tra i fondatori di varie organizzazioni non governative e centri di ricerca. Si stanno addestrando giovani alla russofobia e all’ammirazione dell’Occidente. Per questo vengono utilizzate le più moderne tecnologie dell’informazione, principalmente i social network.
Le attività sovversive, in cui sono particolarmente attivi gli Stati Uniti e i loro vassalli in Polonia, in cui vengono investite ingenti somme di denaro, hanno tutte le caratteristiche di una guerra ibrida contro la Bielorussia. La natura delle azioni della cosiddetta “opposizione”, la sua aggressività e le conseguenze delle istruzioni dei centri stranieri, mostrano che ciò che sta accadendo in Bielorussia non è una sorta di espressione spontanea del malcontento della gente. È abbastanza ovvio che si tratta di un tentativo di portare a compimento un colpo di Stato. Ciò è dimostrato dalla partecipazione alle rivolte dei gruppi banderisti (nostalgici del collaborazionismo con Hitler) dell’Ucraina, degli eredi dei “fratelli della foresta” provenienti dalla Polonia e dagli Stati baltici, dei liberali russi.
Abbiamo già visto le terribili conseguenze di un simile colpo di stato in Ucraina. Questo paese fraterno si trova ora in uno stato di disastro nazionale con la distruzione totale dell’industria e dell’agricoltura, il collasso dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria, la corruzione, la disoccupazione e la povertà diffusa, la fuga di milioni di persone all’estero in cerca di lavoro.
Non c’è dubbio che il cambiamento nella leadership della Bielorussia, che i nostri oppositori in Occidente stanno cercando, porterebbe immediatamente a una privatizzazione su larga scala, o meglio, al saccheggio sfrenato del tesoro nazionale del paese, alla distruzione di tutte le conquiste nella sfera sociale, all’emergere dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria retribuite. Milioni di persone precipiterebbero nella povertà.
L’Occidente, che sostiene di avere a cuore il destino della democrazia, non ha assolutamente bisogno dei prodotti dell’ingegneria meccanica e dell’agricoltura bielorusse. I “benefattori” occidentali hanno bisogno solo di manodopera a basso costo dalla Bielorussia. Tutto questo non è accaduto solo in Ucraina. La distruzione dell’Unione Sovietica sotto l’influenza di forze esterne e dei loro agenti ha portato a un mostruoso degrado di tutte le sfere della vita in Russia.
A questo proposito, particolare sconcerto è causato dalla posizione di alcuni leader dell’opinione pubblica russa, che si sono lanciati improvvisamente in una campagna accusatoria nei confronti della leadership della Bielorussia. Si possono capire i media russi apertamente filo-occidentali e vari blogger, russofobi e anticomunisti che odiano tutto ciò che è sovietico. Ma quando certi nostri “patrioti” abboccano a questa esca, sorge il dubbio sulla sincerità delle loro convinzioni. Dobbiamo imparare dalle dure sconfitte che la grande fratellanza dei popoli sotto forma di Unione Sovietica ha subìto negli ultimi decenni.
Il PCFR condanna fermamente il tentativo di colpo di Stato compiuto da forze filo-occidentali, che fanno affidamento sulle loro clientele e su elementi nazionalisti nella società bielorussa. Siamo convinti della vittoria del popolo bielorusso su coloro che vogliono farlo precipitare in una catastrofe simile a quelle che hanno già sperimentato numerose repubbliche ex sovietiche.
A questo proposito, il Partito Comunista della Federazione Russa saluta ancora una volta la vittoria delle forze patriottiche della Bielorussia, guidate dal presidente A. G. Lukashenko. Siamo profondamente convinti che i bielorussi hanno fatto l’unica scelta giusta che consentirà al paese di continuare il suo sviluppo creativo a beneficio dell’intero popolo e di guardare con fiducia al futuro!